Duri come il diamante
Non si arrugginisce e non produce praticamente polvere di frenata. Nella nuova
Conoscete «Widia»? Matthias Leber sogghigna con l’espressione di chi sa. Il ricercatore in ingegneria meccanica ed esperto di freni presso il Centro di Sviluppo e Ricerca di Weissach può sviluppare il futuro solo perché conosce il passato. E di questo fa parte Widia. L’acronimo deriva dal tedesco «wie Diamant», come il diamante, ed è dagli inizi del XX secolo la denominazione commerciale di un materiale sorprendentemente duro con un elemento fondamentale: il carburo di tungsteno. Leber conosce molto bene le caratteristiche dei materiali e i loro vantaggi. Orgoglioso, osserva davanti a sé un disco freno lucido e splendente. Anche usato, lo si potrebbe appendere alla parete come uno specchio. Il carburo di tungsteno non arrugginisce e non diventa opaco, tuttavia non è l’aspetto impeccabile di questo disco freno il vantaggio principale, bensì contano molto di più le sue prestazioni.
La componente che fa il suo debutto come dotazione di serie nella nuova
Sembra alchimia
E se esistesse un freno dotato di una decelerazione buona quasi quanto quella di un disco freno in ceramica, con una temperatura altrettanto stabile ma senza bisogno di pastiglie freno da corsa, che costasse circa solo un terzo e avesse allo stesso tempo un’usura inferiore ai convenzionali freni in ghisa grigia e che, in pratica, non producesse polvere e non arrugginisse? A sentirlo, sembra alchimia, e invece è una tecnologia affidabile made by
Spesso le nuove tecnologie vengono portate sulla strada dal motorsport, proprio come il
Semplicissimo: un disco freno completo in carburo di tungsteno costerebbe tanto quanto diversi set di freni in ceramica. Per molto tempo è inoltre mancata la tecnologia per unire con sicurezza il carburo di tungsteno a un materiale di base, quale ad esempio la ghisa grigia. Solo a
Alla ricerca del mix giusto
«Ciò significa altrettanto lavoro di sviluppo, almeno», spiega Leber. Tecnologia laser e processi produttivi a elevata precisione per la realizzazione di dischi freno innovativi sono una cosa, pastiglie con la mescola giusta un’altra. Una superficie liscia come uno specchio richiede una pastiglia speciale che sia in grado di aderire alla superficie. Più o meno come quando si accarezza con un dito uno specchio esercitando una pressione leggera: il dito non scivola in modo uniforme, ma di tanto in tanto rimane attaccato, per un brevissimo istante. Ma una pastiglia troppo morbida su una superficie dura si usurerebbe troppo velocemente a un numero di giri elevato del disco freno. Per questo, in una pastiglia con una buona aderenza vengono mescolate delle particelle di materiale molto duro che penetrano microscopiche nello strato di carburo di tungsteno. Queste si aggrappano letteralmente nel disco.
Piccole ancore microscopiche
«Il risultato ci ha sorpresi tutti», racconta Leber. «Che i freni sarebbero venuti bene, lo sapevamo già prima. Ma i primi tentativi hanno superato tutte le nostre aspettative». Grazie alla superficie liscia, a basse velocità la pastiglia aderisce subito completamente. Si può paragonare ai dischi musicali o ai CD: con la ghisa grigia l’aderenza è minore perché la profondità di ogni scanalatura è superficie che viene a mancare. Il carburo di tungsteno, invece, non presenta praticamente scanalature, è liscio come uno specchio. Se a velocità elevate è necessario un effetto frenante maggiore, le particelle dure all’interno della pastiglia tirano fuori le loro ancore microscopiche. «Questo naturalmente significa anche usura e polvere, ma per un 90 per cento in meno rispetto a un freno in ghisa», spiega Leber. A ciò si aggiunge il 30 per cento di durata di vita in più rispetto a un disco freno in ghisa, con una prestazione vicina a quella dei freni PCCB, ma a un terzo dei costi di un freno in ceramica. Durante la guida il nuovo freno offre effettivamente le stesse sensazioni dei freni PCCB: la forza che deve essere esercitata sul pedale del freno rimane costante anche se il freno si surriscalda. A temperature elevate non cede, non tende quindi al temuto fading, anzi, a temperature intorno ai 600 gradi diventa più incisivo.
Patina bianca inclusa
Dopo circa 600 chilometri nell’uso quotidiano, la superficie dei dischi freno è ancora lucidissima e si abbina esteticamente al meglio alle pinze bianche a dieci pistoncini anteriori e a quelle a quattro pistoncini posteriori, la cui tecnologia è già nota dai freni PCCB. Ma perché bianco? Leber ride: «Se un freno non produce praticamente polvere, si deve pur far vedere. All’inizio vi furono molte riserve in merito al colore da me proposto». Ma dopo migliaia di chilometri i test della nuova
Inizialmente i PSCB saranno disponibili di serie solo sulla nuova
Testo Thorsten Elbrigmann
Fotografie Frank Ratering