Porsche - Un sogno mai sognato

Un sogno mai sognato

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Trasformista
Nel film biografico Mahanati, Salmaan ha interpretato la leggenda del cinema indiano Gemini Ganesan.

Circa 20 milioni di persone lo seguono sui social media, ancora di più conoscono i suoi film: Dulquer Salmaan è l’astro nascente del cinema indiano, pur non avendo mai pianificato di diventarlo. La sua patria è adagiata sulla costa del Malabar, nella regione sud-occidentale del subcontinente indiano: appuntamento a Kochi, la «regina del Mar Arabico».

La «regina del Mar Arabico» sembra quasi una città fantasma. È l’afa tropicale. Opprimente. In questo periodo dell’anno, nell’indiana Kochi si registrano temperature che superano abbondantemente i trenta gradi Celsius. A breve inizierà la stagione delle piogge, ma oggi il rumore delle gocce che scrosciano dal cielo è solo un lontano ricordo. Nelle calde ore centrali della giornata, chi può cerca rifugio dentro. Noi, però, abbiamo ancora un po’ di tempo e non lasciamo che il clima ci impedisca di esplorare la città costiera dell’estremo sud-ovest. Il vuoto, il caldo, il silenzio conferiscono a questo luogo un’atmosfera quasi magica. Con circa 1,425 miliardi di abitanti, nell’aprile del 2023 l’India è stata ufficialmente proclamata il paese più popoloso del mondo. Eppure, non c’è traccia della confusione che ci aspettavamo. Ci sembra quasi di muoverci all’interno di un set cinematografico. Un’immagine calzante, dato che di pomeriggio ci aspetta l’incontro per cui siamo qua: una visita a Dulquer Salmaan, che in India è un attore e una vera superstar.

Il 40enne nasce a Kochi. Quando ha sette anni, la famiglia si trasferisce a Chennai, sulla costa orientale, ma la sua città natale lo ha plasmato, quindi decide di tornarci. Oggi si ritroverà più volte sul viale dei ricordi, penserà alle numerose feste nel quartiere di Mattancherry, al negozio di dolciumi Ashanti Laal Mithaiwala, a soli 30 minuti a piedi dalla Mahatma Gandhi Beach. Parlerà dei suoi film Vikramadithyan, Charlie e Solo, che sono stati girati qui e gli hanno permesso di riscoprire in continuazione Kochi. La sua patria. Per lui non solo simbolo della ricca storia indiana.

Sulle orme di Vasco da Gama

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Paradiso dell’India meridionale
L’hinterland di Kochi ospita le cosiddette Backwater, una straordinaria rete di vie d’acqua fatta di laghi, fiumi, lagune e canali. Le case galleggianti, che qui vengono chiamate Kettuvallams, un tempo venivano usate per trasportare spezie e altri alimenti. Oggi sono amate soprattutto dai turisti.

Dall’indipendenza dall’India, ottenuta nel 1947, Kochi, un tempo chiamata Cochin, divenne la seconda città più grande dello stato del Kerala, fondato nel 1956. La regione è dominata da piantagioni di tè e aree collinari selvagge nell’entroterra, da numerose lagune e laghi in prossimità delle coste. Il territorio urbano si estende a svariate isole e penisole antistanti il litorale. Lungo gli oltre 900 chilometri dei sistemi di canalizzazione, pittoreschi villaggi sonnecchiano all’ombra delle palme, mentre sull’acqua ondeggiano case galleggianti. Per molti, questa zona è un paradiso sulla costa del Malabar, conosciuta anche come costa del pepe. All’inizio del XV secolo, il porto di Kochi divenne un centro per il commercio di spezie. Col tempo, arrivarono i cinesi, gli arabi, gli europei. Kochi fiorì e divenne una metropoli che oggi conta 600.000 abitanti.

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Percorriamo la passeggiata del pittoresco quartiere di Fort Kochi, ammiriamo la lunga fila di reti da pesca cinesi, i cui telai di legno sembrano formare una scultura, e visitiamo Mattancherry, un luogo colmo di varietà culturale. Chiese, palazzi, templi, moschee e sinagoghe si stagliano verso l’alto. A Jew Town, esploriamo stretti vicoli, sull’isola di Vallarpadam, la basilica che visitò già Vasco da Gama. Nel 1498, il portoghese scoprì la rotta meridionale per l’India passando dal Capo di Buona Speranza. In occasione di una delle successive visite, nel 1524, perse la vita proprio a Kochi. Resti della sua tomba originale si trovano ancora oggi nella chiesa francescana del posto, la prima chiesa europea dell’India. Più ci si addentra nella città, più se ne avverte la storia.

«Se si affrontano le proprie paure, si diventa più felici e si raggiunge la pace interiore.»

Dulquer Salmaan

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Polo commerciale sulla costa del Malabar
Dall’inizio del XV secolo, Kochi è pervasa dalla varietà culturale. I cinesi portarono le loro tradizionali reti da pesca, gli europei le chiese cristiane.

Il lascito della leggenda

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Anche la famiglia Salmaan si è guadagnata un posto nei libri di storia locali. Quando, di pomeriggio, risaliamo la strada d’accesso alla tenuta di Dulquer Salmaan, il padrone di casa ci accoglie con un grande sorriso. Davanti alla dimora, sono parcheggiate la sua Panamera Turbo, la sua 911 GT3 (991) e una 911 Carrera S. Il giardino è dominato da piante considerate esotiche per gli standard europei, l’abitazione assomiglia all’atelier di un artista. Salmaan vive qui con la moglie Amaal Sufiya e la loro figlia. Tiene molto alla famiglia. Quasi tutte le sue passioni, la sua professione, i suoi hobby hanno un nesso diretto con il nucleo familiare.

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La patria come àncora
Dopo alcuni anni a Chennai, Salmaan è tornato definitivamente a Kochi. La famiglia, i ricordi d’infanzia, il lavoro di attore: per lui, la «regina del Mar Arabico» è un pilastro importante. Anche l’industria cinematografica in malayalam ha sede nella metropoli costiera. Nella sua lingua madre, Salmaan ha girato i film Comrade in America (2017), Salute (2022) e King of Kotha (2023), che uscirà a breve.

Vale anche per la passione per Porsche. Come accade a molte persone, tutto comincia con un ricordo d’infanzia lontanissimo. «Allora eravamo nell’Oman», ricorda Salmaan. «Un amico di mio padre aveva comprato una Porsche 944. Continuavo a fissare la macchina e cercavo di pronunciare correttamente il nome della casa automobilistica. Poi facemmo un giro al buio. Iniziò tutto così.» Anche il padre Mammootty nutre a lungo il sogno di una Porsche sua per tutta la famiglia. «Per questo la Panamera mi piace così tanto», spiega Salmaan junior. «È incredibilmente spaziosa.» A metà degli anni Novanta, complice il fatto che ha due figli, il padre decide di rimandare ancora l’acquisto di una 911. Ai tempi, per il figlio Dulquer è una profonda delusione. Solo più tardi il padre compra alcuni modelli. Ma i due hanno anche qualcos’altro in comune: in India, Mammootty è considerato una leggenda del cinema. Nel giro di 50 anni circa, ha girato quasi 400 film. Per molto tempo, nessuno pensa che Dulquer Salmaan possa seguire le sue orme.

«Al di fuori della famiglia, una volta avevo pochi contatti con persone creative», dice. Dopo la scuola, studia scienze economiche e lavora in qualità di manager presso diverse aziende. «Non ero mai felice e non avevo mai la sensazione che il mio impegno venisse ricompensato.» Alcuni amici iniziano poi a produrre cortometraggi. E Salmaan si aggrega. Le riprese gli piacciono sempre di più, lavora fino a 18 ore al giorno e capisce cosa significhi vivere la propria passione. «Ero affascinato dal processo creativo», dice l’attore. «Pian piano stavo diventando adulto e mi sono accorto che potevo superare le mie paure affrontandole. Così facendo, si diventa più felici e si raggiunge la pace interiore.» È stato il momento che ha dirottato la vita di Salmaan in un’altra direzione.

«Voglio rendere omaggio al nome di mio padre.»

Dulquer Salmaan

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Le passioni di una stella del cinema indiano
Quando Salmaan non è intento a recitare, gli piace trascorrere tempo con la famiglia nella sua proprietà. Il 40enne ci abita con la moglie, la figlia e i genitori. Il suo parco macchine comprende una 911 Carrera S, una 911 GT3 (991) e una Panamera Turbo.

Superstar in undici anni

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Oggi è una stella del cinema indiano. Che è molto di più della Bollywood conosciuta all’estero. A livello globale, il termine, che nasce dalla fusione di Bombay e Hollywood, è sinonimo di produzioni cinematografiche commerciali per il subcontinente. In verità, però, Bollywood indica esclusivamente i film prodotti in lingua hindi. Con un massimo di 1.000 film all’anno, l’industria hindi è sì una delle più produttive al mondo, ma non è certo la sola. Quasi ogni stato ha una propria industria cinematografica. E le lingue ufficiali dell’India sono ben 22. Salmaan recita sia per produzioni hindi made in Bollywood sia nella sua patria Kerala, dove si parla malayalam. E ha già calcato le scene anche in tamil e telugu. «Quando lavoro con diverse lingue, faccio esattamente la stessa esperienza di qualunque indiano che viaggi nel suo paese», spiega l’attore. «Vivo tutte le varie culture, eppure le trame sanno in qualche modo sempre di India. Finché padroneggio discretamente la lingua, mi sento comunque a casa.»

Dal suo debutto di undici anni fa, Salmaan ha girato quasi 40 film, vincendo oltre 20 riconoscimenti. Cerca la varietà, pertanto interpreta ruoli in commedie, drammi, thriller. «Voglio che ogni film sia diverso dal precedente», spiega. Desidera andare per la sua strada e si cala nelle varie parti con grande rigore. Per interpretare l’attore Gemini Ganesan nel film biografico Mahanati, è andato a trovare i suoi eredi e ha studiato le peculiarità della leggenda tamil del grande schermo. Ganesan fu una stella del cinema negli anni Cinquanta, girò più di 200 pellicole e, ancora oggi, in India è considerato il «re dei film romantici». «Se continuo su questa strada, spero proprio di poter rendere omaggio al nome di mio padre», dice Salmaan sorridendo. «Trovo ispirazione nei suoi valori, ma non cerco mai di imitarlo. Voglio tramandare la mia personale eredità.»

L’arte come scuola estetica

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Salmaan indica un dipinto dell’artista srilankese Senaka Senanayake, appeso sopra di lui. L’arte lo affascina da sempre. «Credo che sia merito suo se il mio gusto e la mia percezione migliorano di continuo, anche relativamente al cinema», racconta. «Nelle case dove ho vissuto da bambino, ci sono sempre stati quadri, sculture e musica. Questo mi aiuta a scegliere film in base al mio gusto estetico.» In ogni stanza della casa di Salmaan si trova un’opera d’arte diversa. Lo colpiscono molto gli artisti indiani Bhavna Sonawane e Gunda Anjaneyulu. Ma possiede anche una raccolta di antiche carte geografiche indiane risalenti all’epoca dell’Impero Britannico.

E poi torna a parlare di Kochi, la sua àncora. Di recente, qui si è svolta la Kochi-Muziris Biennale, la prima mostra indiana di questo genere. «L’evento tiene testa alle migliori manifestazioni internazionali del panorama artistico», dice Salmaan. Quella che oggi è la mostra d’arte più importante del paese è stata organizzata per la prima volta nel 2012; undici anni dopo, la Biennale è il festival di arte contemporanea più grande dell’Asia. Allora, Salmaan poteva ancora ammirare indisturbato le opere dei giovani artisti emergenti della regione. Oggi, con più di 20 milioni di follower sui social media, è sempre più difficile.

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Durante la corsa a bordo della GT3, a Kochi troviamo strade quasi vuote.

Ma Salmaan ci ha fatto l’abitudine. Del resto, essendo attore, viaggia molto e a Kochi si gode momenti di pace. E le sue Porsche. Domani mattina, quando il sole non sarà ancora troppo alto nel cielo, ci porterà per la città con la 911 GT3 (991), mostrandoci i luoghi che ama così tanto e che lo hanno plasmato profondamente: il negozio di dolciumi a Mattancherry, il porto vecchio del XIV secolo, la storica Fort Kochi. Luoghi che oggi plasmano anche la figlia e i nipoti. Patria e famiglia vanno a braccetto per lui. «Ci sono sempre tutti quando sono a Kochi, la casa pulsa», dice. «Mia figlia gioca con i figli di mia sorella, ci sediamo insieme, ridiamo.» Dopo cena, è ora del rituale di famiglia: la serata film nell’home-cinema privato. «Mia figlia ha sempre l’esclusiva del telecomando», ride Dulquer Salmaan. «Per me sono questi i momenti più belli.»

Text Arjun Ramachandran
Fotos Vikram Bawa; Peter Zelei (Getty Images), Travel Wild (Alamy)